Olive Kitteridge di Elizabeth Strout
Crosby vive in un angolo del continente nordamericano, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia diviene lo specchio di un mondo più ampio grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout
In questo piccolo villaggio affacciato sull’Oceano Atlantico c’è una donna che regge i fili delle storie e delle vite di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un’insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell’animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione e una croce.
E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull’altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: ”Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi”.
In Olive Kitteridge s’intrecciano dolore e disarmante onestà, i vari accenti e declinazioni della condizione umana e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi.
È un’altissima pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice del Premio Pulitzer 2009, grazie a questo ”romanzo in racconti”.