Canale Mussolini di Antonio Pennacchi
Canale Mussolini è la base sulla quale su cui si regge la bonifica delle Paludi Pontine. Gli eucalypti immensi dei suoi argini assorbono l’acqua e prosciugano i campi, nelle sue cascatelle i ragazzini fanno il bagno e aironi bianchissimi vi trovano rifugio
Su questa terra nuova, bonificata dagli ambiziosi progetti del Duce e punteggiata di città appena fondate, arrivano dal Nord insediare migliaia di persone in cerca di lavoro. Un vero e proprio esodo. Contadini emiliani, veneti e friulani lasciano le proprie terre e diventano i primi attori del nuovo sogno italico di grandezza. Arrivano famiglie intere, con nonne che sanno guidare un carretto e governare le bestie, uomini forti come tori, donne spavalde che alle feste della mietitura ballano e ridono con tutti i maschi, truppe di bambini di ogni età.
I “marocchini” del Lazio li guardano con sospetto, spiano le loro abitudini disinvolte, le loro donne in gonne corte e sgargianti, allegre. Tra queste migliaia di coloni ci sono i Peruzzi, gli eroi di questa saga straordinaria. A farli scendere dalle pianure padane è il coraggio di zio Pericle, che dentro il Fascio conta qualcosa perché ha meriti di audacia e valore, ma che dal Fascio non si fa dettare ordini. Con lui scendono i vecchi genitori, tutti i fratelli, le nuore. E poi la nonna, dolce ma inflessibile nello stabilire le regole di casa cui i figli obbediscono senza fiatare.
E poi troviamo Adelchi, vanitoso, più adatto a comandare che a lavorare, il cocco di mamma; Iseo e Temistocle, Treves e Turati, fratelli legati da un affetto profondo fatto di poche parole e gesti assoluti, promesse dette a voce strozzata sui campi di lavoro o nelle trincee sanguinanti della guerra. E una schiera di sorelle, a volte buone e compassionevoli, a volte perfide e velenose come serpenti. E poi c’è Armida, la moglie di Pericle, la più bella, che ha sposato il più valoroso; la più generosa, capace di amare senza riserve e senza paura anche il più tragico degli amori.
La più strana, una strega forse, è una donna sempre circondata dalle sue api che le parlano e in volo sibilano ammonimenti e preveggenze che, come i sogni oscuri della nonna, non basteranno a salvarla dalla sorte che l’aspetta. E Paride, il nipote prediletto, buono e giusto, ma destinato, come l’eroe di cui porta il nome, a essere causa della sfortuna che colpirà i Peruzzi e li travolgerà.
Un poema grandioso che, con il respiro delle grandi narrazioni, intreccia le vicende drammatiche e sorprendenti dei suoi protagonisti a quelle, non meno travagliate, di mezzo secolo di storia italiana.
Antonio Pennacchi rievoca il passato controverso e insieme epico della nazione, animando ricordi e fantasmi con uno sguardo sempre lucido, ironico e spiazzante, ma soprattutto carico di pietas e profonda commozione per i propri personaggi, per quelle tre generazioni di Peruzzi che combattono con glorioso accanimento contro le sferzate del destino che sembra non concedergli tregua. Un’autentica epopea, un grande romanzo italiano.
L’AUTORE
Antonio Pennacchi (Latina, 1950), operaio in fabbrica a turni di notte fino a cinquant’anni, ha pubblicato tre romanzi con Donzelli: Mammut (1994), Palude (1995) e Una nuvola rossa (1998). Per Mondadori ha pubblicato Il fasciocomunista (2003, premio Napoli) da cui è stato tratto il film Mio fratello è figlio unico e Shaw 150. Storie di fabbrica e dintorni (2006). È autore anche di Fascio e martello. Viaggio per le città del Duce (Laterza 2008). Collabora a “Limes”; suoi scritti sono apparsi su “Nuovi Argomenti”, “Micromega” e “La Nouvelle Revue Française”. Ha moglie, due figli e una nipote.
Fonte: www.qlibri.it