Una storia semplice di Leonardo Sciascia
”Una storia semplice” è invece una storia complicatissima, un giallo siciliano con sfondo di mafia e droga. Tutto comincia con una telefonata alla polizia, con un messaggio troncato, con un apparente suicidio. E subito, come se assistessimo alla rapida crescita di un fiore, la storia si aggroviglia e non lascia neppure l’opportunità di capire, di riflettere. I fatti si complicano, si fanno confusi e inutilmente si cerca di capire cosa sia in realtà accaduto. Neppure l’unico brigadiere che nel romanzo ricerca la verità riesce a definire l’avvenimento.
Il mistero si scopre durante il processo. Il commissario assieme alla sua banda gestisce un traffico di droga e di opere d’arte. Quando viene a sapere del ritorno di un diplomatico che non andava in quei luoghi da tempo e che per caso ha trovato in soffitta un quadro rubato e avverte la polizia, il commissario va ad ucciderlo per impossessarse del quadro. Poi va dal capostazione per far trasportare la sua roba, ma il capostazione si rifiuta e il commissario lo uccide. Tuttavia il magistrato decide che è ”troppo poco” per considerare la reazione del brigadiere legittima difesa e, per mancanza di prove, lo si definisce un incidente.
Come in ogni giallo, chi scopre il colpevole è il detective. In questo romanzo il detective non è il commissario di polizia, ma un suo subordinato, il brigadiere che, pur non essendo particolarmente istruito, si rivela capace di cogliere sul luogo del delitto una serie di indizi che fanno supporre che non si tratti di suicidio ma di omicidio. Egli è stato incaricato di un semplice sopralluogo, quindi la sua ricostruzione dei fatti è una iniziativa sua, di un funzionario dello Stato che non vuole chiudere gli occhi, ma impegnarsi con scrupolo nella difesa della legge e nell’affermazione della giustizia.
Quest’opera di Sciascia più che una denuncia è l’amarissima constatazione che le stesse istituzioni non hanno la volontà di andare al fondo del problema. Chi lotta per la giustizia, come il brigadiere che ha scoperto la verità, non ha neppure la soddisfazione di vedere apprezzato il proprio lavoro.