Centomila gavette di ghiaccio di Giulio Bedeschi
Un libro di storia, un libro di guerra. Nella prima parte si parla della partecipazione dei soldati italiani alla campagna di Albania durante la seconda Guerra Mondiale. Nella seconda parte si parla della campagna di Russia, di un piccolo reparto alpino (la batteria Ventisei), convinto di andare a fare la guerra sulle montagne del Caucaso e costretto invece ad affrontare i russi sulla pianura del fiume Don (odierna Ucraina). Uno scontro impari: muli contro autoblindo, piccoli cannoni di montagna contro carri armati. Ma i nostri Alpini si coprirono di gloria pur avendo combattuto in condizioni sfavorevoli e contro un nemico nettamente superiore. I russi stessi dichiararono in un comunicato che ”Soltanto il Corpo d’Armata Alpino italiano deve considerarsi imbattuto sul suolo di Russia”. Ma la linea cedette su tutti gli altri punti e gli alpini dovettero ritirarsi per non essere accerchiati.
Iniziò così una marcia tragica e terribile verso la salvezza: partirono in centomila (italiani, tedeschi, romeni, ungheresi), tornarono poche decine di migliaia. Nell’inverno 1942-1943 dopo 45 giorni di ”disperata vita guadagnata ora per ora strappandola al gelo”, 15 giorni di accerchiamento, 11 combattimenti furiosi, 700 km. percorsi a piedi nella neve, i soldati poterono avere un breve riposo tranquillo, dopo altri 500 km. di marcia e altri 25 giorni arrivarono finalmente alla salvezza.