Siamo a San Francisco. Somer, una pediatra americana, non riesce più ad avere figli dopo vari aborti spontanei, l’ultimo dei quali è stato per lei un’esperienza veramente drammatica soprattutto sotto l’aspetto psicologico. Il dramma è che Somer è una pediatra infantile e ama i bambini. Suo marito Kris, anche lui medico d’origine indiana, le propone l’adozione. Somer naturalmente è esitante, piena di dubbi, soprattutto assillata dall’angoscia di non poter ”creare una vita”. Chiede consiglio a sua madre che la trova un’idea meravigliosa e, al dubbio di Somer (”non creerò mai una vita”), la madre risponde con una frase bellissima: ”Cara, farai qualcosa di altrettanto importante: salverai una vita”.
Intanto, in un remoto villaggio indiano Kavita dà alla luce una bambina, che i genitori devono affidare ad un orfanotrofio per salvarle la vita. Infatti in una società che considera le femmine solo un problema, è questo l’unico modo per salvarle la vita. Una decisione dolorosa, che oltretutto mette in crisi il rapporto di Kavita con il marito, nonostante l’arrivo di un figlio maschio. E intanto Somer, una pediatra americana, decide di adottare un figlio, rassegnata al fatto che non potrà averne di propri. Quando lei e Kris, suo marito, vedono la foto di Asha, decidono di adottare proprio lei, Asha, una bambina dagli occhi dorati che proviene dall’orfanotrofio di Mumbai. È la bambina messa al mondo da Kavita, che Somer e suo marito adottano e imparano ad amare, al di là di ogni ostacolo. E così Asha è figlia di due madri e di due mondi culturalmente e geograficamente distanti.
Un romanzo che è la storia di due famiglie, una indiana e l’altra americana, che la vita di una ragazza unisce indissolubilmente. Commovente e appassionante. Da leggere.