Un’ora d’aria di Antonio Steffenoni
Il protagonista scopre per caso la finestra di uno sgabuzzino, una finestra insignificante che si trova in po’ più in alto rispetto alle altre che si trovano nelle case intorno a San Vittore
Quella finestra dalla quale si può dominare l’interno del cortile del carcere che sta di fronte da quel momento diventa l’unico interesse della sua vita. Perché attraverso quella finestra può osservare il mondo parallelo dei carcerati, un mondo ignorato e indifferente, ed evadere da tutto quello che lo tormenta senza per questo rimanere solo. Tutto scompare e si dissolve: l’ospedale in cui lavora, i colleghi illusi e maligni, il doloroso ricordo del padre, la penosa tenerezza della madre malata, l’amore ambiguo e mai dichiarato di Novella. Da quella finestra, nel cortile squallido, vede gente che non offre nulla e che perciò non illude nessuno: un mondo invisibile dall’alto, cui non è necessario appartenere e in cui si può vivere senza chiedere nulla.
Ma chi è Rosso, lo strano carcerato così estraneo alla realtà del carcere? È forse l’alter ego del protagonista? Dal carcere, infatti, Rosso riesce, a sua volta, a seguire il ritmo della vita del protagonista, ma ignora completamente l’esistenza stessa dell’uomo che lo osserva regolando la propria vita sulla sua. Ma forse è Rosso che è completamente controllato dall’alto di quella finestra. E il protagonista ha il diritto di studiare e analizzare ogni più intimo segreto di Rosso, quasi volesse appropriarsi della vita stessa del carcerato?
Un mistero, un segreto che il romanzo svela poco a poco, scoprendo cosa spinge il protagonista a chiudersi per sempre nello sgabuzzino, vicino a quella finestra insignificante scoperta quasi per caso.