Siamo nella Maremma toscana, in un castello nel quale il conte Alinaro Bonaiuti ha invitato alcuni ospiti per la battuta di caccia del fine settimana
Con gli altri arriva il gourmet Pellegrino Artusi, famoso per il suo manuale di cucina “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, il primo del genere, con il quale ha inventato la tradizione gastronomica italiana. Nel castello dimora la famiglia del barone Romualdo Bonaiuti, formata da due figli maschi, Gaddo, poeta dilettante e Lapo, sempre a caccia di servette e contadine; dalla figlia Cecilia, una ragazza di talento; la vecchia baronessa Speranza che vigila su tutto dalla sua sedia a rotelle; la dama di compagnia e le due cugine zitelle. Poi la numerosa servitù: la cuoca, il maggiordomo Teodoro e la cameriera Agatina.
Contemporaneamente al cuoco letterato è giunto al castello il signor Ciceri, un fotografo: non si sa perché siano venuti al castello il signor Ciceri e l’Artusi. Ma una notte accade una tragedia, anzi due: Teodoro viene trovato avvelenato e poco dopo il barone Romualdo viene ferito gravemente da una schioppettata. I sospetti cadono sulla povera cameriera Agatina. Ma Pellegrino Artusi – studioso di storia naturale oltre che letterato – aiuta la polizia ad arrivare alla verità con la sua intelligenza e la sua curiosità.
È un giallo classico – l’ambientazione ottocentesca, il castello, i delitti, la nobiltà decaduta, il maggiordomo – illuminato però dalla presenza di Artusi, il grande gastronomo che con la sua ”Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” ha riconosciuto alle pietanze di tutti i giorni l’importanza che hanno nell’alimentazione quotidiana e nel benessere psicofisico.