“Ognuno muore solo” è un romanzo sulla resistenza. Un romanzo sulla resistenza e sulla disperazione.
Siamo a Berlino nel 1940. Al numero 55 della Jablonskistrasse la postina consegna ai Quangel, una modesta famiglia operaia, la lettera che comunica la morte in guerra del loro unico figlio, morte da eroe per il ”Führer e per il suo popolo”. La notizia scatena nel cuore di Otto e Anna Quangel un dolore indicibile, ma anche la ribellione e il desiderio di fare qualcosa, sfidando il terrore nazionalsocialista con l’arma del coraggio e della speranza, dopo aver appreso la terribile notizia della morte in guerra del loro unico figlio.
Così iniziano a scrivere cartoline postali con appelli contro il Führer e il partito. In due anni scrivono quasi 300 cartoline, che finiscono quasi tutte nelle mani della polizia. La gente è spaventata, ha paura della Gestapo. I Quangel agiscono da soli. Lo fanno per comportarsi con decenza fino alla fine, ben sapendo che moriranno e sicuri che nel vicino incontreranno più facilmente il delatore.
È una storia vera. Alla fine della guerra nella Berlino liberata dai sovietici, viene affidato a Fallada – sopravvissuto al nazismo e alla guerra – un dossier della Gestapo su due sconosciuti, Otto ed Elise Hampel, giustiziati nel 1942 per avere diffuso materiale antinazista per trarne un racconto.
L’autore scorge in loro una specie di coscienza della nazione, rappresentata dai tanti volti intorno, espressioni di un popolo spaccato in due, l’oppressore e l’oppresso, sepolto nella sua paura.