Siamo nella prima metà dell’Ottocento, in un’Italia che non è ancora una nazione.
Quattro giovani vanno alla ricerca di un mondo migliore: un orfano spronato dall’animo semplice; una donna che diventa una spia; un pittore di signore aristocratiche che tenta la nuova strada della fotografia; il Generale Garibaldi e la sua bella e innamoratissima Aninha.
Sono raccontati i grandi avvenimenti, che non sono però i soli protagonisti, perché in primo piano sono le persone gli attori principali, ma anche molte delle figure secondarie, le loro vite e sentimenti, mentre sempre presente nella mente del lettore è il futuro del paese, alla vigilia dell’impresa dei Mille e dopo le grandi speranze della Repubblica Romana.
Questo dà al romanzo uno slancio naturale, proiettando la giovinezza di tutti verso quella maturità meno ricca certo di illusioni, ma che ne sancirà la comune identità.
”Troppo umana speranza” è un grande romanzo sulla giovinezza: giovinezza del corpo, della mente, di una nazione.
”Troppo umana speranza” è un’opera scritta sul filo della tradizione narrativa otto-novecentesca. Attraverso racconti e documenti, è un lungo fiume di storie che alla fine s’intrecciano.
È un’opera prima di un autore giovane che arriva a offrire un’ottica di speranza, regalandoci il romanzo storico del Risorgimento, un romanzo di popolo, di vita comune, che forse serviva per questo difficile centocinquantenario dell’Unità d’Italia, degli italiani.