Quanto può un padre comprendere e condividere le scelte di una figlia? Come è cambiato questo rapporto in duemila anni?
Qual è il confine tra bene e male? Tra giusto e sbagliato? E soprattutto, qual è il confine tra l’autorità politica e la libertà di coscienza? Tra odio, vendetta, sete di giustizia e verità, il nuovo romanzo di ambientazione storica di Vincenzo Ciampi, ”La Ragazza di Cartagine” si snoda in una città anticristiana, attraverso il lungo e faticoso cammino di un uomo, un padre, alla ricerca del perdono di una figlia che ha osteggiato, non condividendo le sue scelte e che non ha saputo proteggere fin quando era in vita.
“Historica torna a pubblicare un genere, il romanzo storico – afferma il giovane editore Francesco Giubilei – da sempre vicino al catalogo della casa editrice e lo fa con un testo, quello di Ciampi che, pur essendo ambientato durante l’impero romano, tocca temi di grande attualità”.
Dopo “Nulla se non il corpo”, il romanzo biografico su Fulvia, donna di potere spregiudicata e vendicativa dell’età di Cesare, Vincenzo Ciampi si cimenta in un’altra storia al femminile ispirata ad una donna dell’età romana realmente esistita, ma completamente diversa, quasi all’opposto.
”La Ragazza di Cartagine” tocca temi generali, alcuni attuali, come ad esempio la scelta del martirio; o quello dei rapporti fra impero e cristianesimo, ovvero fra autorità politica e libertà di coscienza. Non si tratta di un romanzo storico o biografico in senso stretto: è la storia di un padre che cerca di salvare sua figlia, cercando in tutti i modi di punire i responsabili della sua morte.
Nel marzo del 203 d.C., nell’Anfiteatro di Cartagine, furono condannati ”ad bestias” (ad essere divorati vivi da belve nelle arene, solitamente leoni e tigri) cinque giovani cristiani, fra cui due donne: una era Vibia Perpetua, ventiduenne, cittadina romana molto istruita e di buon livello sociale, sposata e madre di un bambino che lei ancora allattava; l’altra era Felicita, incinta al momento dell’arresto, la quale aveva partorito in carcere, quindi idonea ad essere giustiziata insieme agli altri.
Della prigionia di Perpetua è rimasto un diario che rappresenta anche l’unico importante esempio letterario in lingua latina attribuito ad una donna. Nella tradizione ecclesiale questo scritto è conosciuto come ”Passio Perpetuae et Felicitatis”. Il racconto della loro ”Passione” è una delle più belle pagine di letteratura latina, che ha ispirato varie interpretazioni, sull’attribuzione della stesura del testo alla donna e anche filologica, storiografica, esegetica, apologetica cristiana e psicanalitica.
La narrazione di Vincenzo Ciampi, non entra minimamente nel dibattito teologico e storiografico sulla figura e sull’opera di Vibia Perpetua, ovvero ”La Ragazza di Cartagine”. Nel diario della martire cristiana c’è il racconto, estremamente toccante e realistico, dei ripetuti, disperati tentativi di suo padre per convincerla a salvarsi.
Questo è lo spunto principale del romanzo che viene proposto da Vincenzo Ciampi, che quindi va considerato come un’opera di fantasia (mantenuta entro i confini del verosimile) ispirata ad un contesto storico reale, della quale protagonista è, per l’appunto, un padre che assiste a quello che per lui è solo il suicidio di sua figlia. Tuttavia, a parte alcuni passaggi tratti dal diario e limitati ai giorni di detenzione, le indicazioni su altri personaggi e avvenimenti sono soggette ad interpretazione.
Vincenzo Ciampi è nato a Napoli nel 1955. Vive da sempre a Roma. Prima di dedicarsi alla narrativa e alla saggistica, è stato dirigente d’azienda e giornalista. Attualmente si occupa di formazione e di ”life coaching”.
Il suo romanzo d’esordio, ”Mio cugino il fascista” (Robin-BdV 2005) è risultato vincitore al Festival del Primo Romanzo 2006. Successivamente ha pubblicato nel 2008 il saggio storico ”Le congiure parallele” e il romanzo biografico ”Nulla se non il corpo”.
Da due anni tiene a Roma il suo Laboratorio di Scrittura.