Una lezione di saggezza dal Ladakh: il piccolo Tibet
Il Ladakh, o ”Piccolo Tibet”, è un luogo dalle risorse limitate e dal clima estremo, eppure, per più di mille anni, è stato la culla di una cultura fiorente.
La frugalità e la reciprocità tradizionali, unite a un’intima conoscenza dell’ambiente, hanno consentito ai Ladaki non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare. è venuta poi la ”modernizzazione” che, presentatasi come veicolo di ”progresso” e di prosperità, ha prodotto inquinamento, prevaricazione e avidità. L’equilibro ecologico e l’armonia sociale, che hanno regnato per secoli, sono minacciati dalla pressione del consumismo.
Sulla base di questa diretta esperienza antropologica si muove l’intero pensiero dell’autrice, che indica i limiti della società occidentale, stutturata sull’interazione fra scienza, tecnologia e un dominante paradigma economico, che sta portando a una sempre maggiore centralizzazione e specializzazione. A partire dalla rivoluzione industriale, la prospettiva esistenziale della persona si è ridotta drammaticamente a favore di unità economiche e politiche sempre più tecnocratiche e autoreferenziali.
L’alternativa nasce dalla comparazione del futuro col passato. Senza nostalgie idilliache, solo allargando il concetto di conoscenza e decentralizzando le strutture politiche ed economiche si potrà aspirare ad una società più equilibrata, sobria e responsabile.
In Ladakh, le strutture comunitarie hanno favorito un intimo legame con la terra e una democrazia partecipativa, garantendo valori condivisi, famiglie solide e un maggior equilibrio fra uomo e donna; tali strutture, a loro volta, hanno permesso la sicurezza necessaria per il benessere individuale e, paradossalmente, per sentirsi più liberi nell’appartenenza e nel radicamento culturale.
Una lezione di saggezza dell’arcaico Ladakh.
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