È una storia d’amore, di quell’amore autentico fatto di coraggio e condivisione di idee e sentimenti, di coraggio e amor di patria, di ideali e ribellioni.
È la storia dell’amore immenso oltre la vita di Oriana Fallaci per Alekos Panagulis, condannato a morte nel 1968 nella Grecia dei colonnelli per l’attentato a Georgios Papadopulos, il militare a capo del regime. Segregato per cinque anni in un carcere, subisce atroci torture. Esiliato, torna in patria alla fine della dittatura e viene eletto deputato in Parlamento. E anche qui conduce una lotta per dimostrare che gli stessi uomini della deposta Giunta continuano a occupare posizioni di potere. Ma inutilmente: muore in un misterioso incidente d’auto nel 1976.
Oriana Fallaci incontra Panagulis nel 1973, quando lui esce dal carcere. È amore a prima vista. Un amore profondo, complice, battagliero che li unisce per tutta la vita. Lei gli sta sempre a fianco e ne condivide le lotte. Panagulis fu l’unico vero amore della giornalista italiana. Nelle pagine della Fallaci è un uomo unico nel suo genere, un poeta, un resistente, un eroe della libertà, un idealista, un uomo buono tradito da tutti ma soprattutto dall’uomo che amava e questa è la cosa importante. Un libro che fa riflettere, perché di Panagulis, anche in questo momento, ce ne sono tanti in tutto il mondo.
L’AUTRICE
Oriana Fallaci nasce a Firenze il 26 giugno 1929, in piena era fascista. Gli anni della sua infanzia sono quelli del potere mussoliniano. Ma suo padre è un attivo antifascista e coinvolge la piccola Oriana, che allora aveva solo dieci anni, nella lotta resistenziale. Divenuta un poco più grande Oriana si unisce al movimento clandestino di resistenza, sempre guidato dal padre, diventando un membro del corpo dei volontari per la libertà contro il nazismo. È un periodo molto duro per la Fallaci e forse a quegli avvenimenti si può far risalire la sua celebre tempra di donna di ferro. A soli quattordici anni riceve un riconoscimento d’onore dall’Esercito Italiano per il suo attivismo durante la guerra.
Terminato il conflitto decide di dedicarsi alla scrittura in maniera continuativa per farne una professione di vita. Prima di arrivare al romanzo e al libro, Oriana Fallaci si dedica soprattutto alla scrittura giornalistica, quella che di fatto le ha poi regalato la fama internazionale: a lei si devono memorabili reportages e interviste, indispensabili analisi di alcuni eventi di momenti di storia contemporanea. La scrittrice è stata contestata nei suoi ultimi anni di vita soprattutto a causa dei suoi interventi relativi ai rapporti con l’Islam. Da tempo sofferente di un male incurabile Oriana Fallaci muore a Firenze a 77 anni il 15 settembre 2006.
Un significativo esempio del pathos che la Fallaci riversa nei suoi libri è il best-seller “Un uomo” (1979), romanzo scritto dopo la morte del compagno Alekos Panagulis. I suoi libri sono stati tradotti in più di trenta paesi; fra i riconoscimenti va segnalata la laurea ad honorem in Letteratura ricevuta dal Columbia College of Chicago.
Il suo ultimo lavoro, intitolato “Un cappello pieno di ciliege”, esce postumo nel 2008 e racconta la storia della famiglia Fallaci. Il libro viene pubblicato per volere di Edoardo Perazzi, nipote ed erede universale di Oriana Fallaci, che ha seguito precise disposizioni riguardo alla pubblicazione.